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“Uniti nella diversità”: il piano d’azione dell’Unione europea contro il razzismo 2020-2025

Attualità - Caterina Mazzanti - 18 Ottobre 2020

La Commissione Europea ha di recente comunicato l’avvio di un nuovo piano di azione contro il razzismo, evidenziando la necessità di un intervento diffuso ed efficace, con l’obiettivo di realizzare un’Unione dell’uguaglianza.

L’intervento dell’istituzione europea è diretto a contrastare il dilagante fenomeno delle discriminazioni di matrice etnica e razziale, che si è notevolmente acuito durante l’emergenza sanitaria del Covid.

Nel corso del 2020, infatti, la pandemia ha fatto da sfondo a numerosi episodi xenofobi e razzisti di cui sono state destinatarie alcune minoranze e gruppi marginalizzati (al riguardo, si veda il report redatto dalla European Union Agency for Fundamental Rights).

L’azione, come evidenziato dalla Commissione europea, deve quindi coinvolgere trasversalmente tutti i settori nei quali si annidano le diseguaglianze. La seconda indagine su minoranze e discriminazioni nell’Unione europea mette in luce, infatti, che nonostante si siano già compiuti importanti passi in avanti nell’ultimo ventennio, il fenomeno è presente all’interno delle istituzioni sociali, finanziarie e politiche ed è ostativo all’accesso ai servizi, all’istruzione, al lavoro e alla crescita professionale.

Gli strumenti cui fa riferimento la comunicazione in esame sono principalmente due: la raccolta di dati sul campo e l’intervento legislativo.

Per poter migliorare il tessuto della normativa antidiscriminatoria, la Commissione si propone di svolgere preliminarmente un monitoraggio della situazione interna a ciascuno stato membro e la condivisione delle best practices, propedeutici all’adozione dei nuovi atti legislativi. Queste operazioni sono dirette principalmente a individuare le nuove forme di discriminazioni, quali quelle esistenti nei sistemi di intelligenza artificiale, nonché i comportamenti di carattere discriminatorio tenuti dalle autorità di sicurezza pubblica degli Stati membri.

Sotto quest’ultimo profilo, è emerso, infatti, che i motivi di carattere razziale influiscono anche sulla probabilità̀ di essere fermati dalla polizia: l’indagine condotta dalla European Union Agency for Fundamental Rights, citata dalla Commissione europea, evidenzia che del 14% delle persone intervistate fermate dalle autorità, il 40% collega l’ultimo fermo alla propria origine etnica o alla propria provenienza da un contesto migratorio. Nel complesso, il 3% degli intervistati dichiara di aver vissuto esperienze di violenza razzista nell’ultimo anno, mentre un altro 24% dichiara di aver subito, nello stesso periodo, molestie di stampo razzista.

Questo fenomeno ha conosciuto una preoccupante torsione violenta nel contesto della pandemia, durante la quale sono stati denunciati numerosi episodi, sfociati nell’uso della violenza da parte della polizia e legati a modelli di pregiudizi razziali ed etnici (v. al riguardo il report di Amnesty International). La sensibilizzazione rispetto a quest’ultimo fenomeno risente, senz’altro, dell’impatto che il movimento sociale e politico statunitense “#blacklivesmatter” ha avuto anche in Europa.

Per monitorare costantemente la situazione delle minoranze più colpite dalle discriminazioni, è stata istituita la figura del Coordinatore antirazzismo, cui spetta il delicato compito di dialogare con le stesse e di fungere da tramite con le istituzioni europee, il mondo accademico e la società civile, con l’obiettivo di portare alla luce i nodi di maggior criticità riscontrati.

La nuova stagione di interventi legislativi, che auspicabilmente sarà portata a termine entro il 2021, è diretta ad ampliare il raggio di azione della direttiva 2000/43/CE e della decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia e sarà affiancata da numerose attività di carattere educativo, rivolte soprattutto a salvaguardare il valore storico del ricordo e della memoria, che rappresentano il substrato culturale per raggiungere l’obiettivo di un’Unione europea inclusiva.

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