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Con gli occhi (e il cervello) delle bambine

Attualità - Anna Zilli - 19 Novembre 2020

Il 20 novembre 1954 si è celebrata per la prima volta la Giornata mondiale dell’infanzia per promuovere il miglioramento delle condizioni di vita dei bambini. Non è un caso, quindi, che lo stesso giorno del 1959 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite abbia adottato la Dichiarazione dei diritti dell’infanzia e, esattamente trent’anni dopo, nel 1989 la Convenzione sui diritti dell’infanzia.

Insomma, è il giorno più adatto a riflettere sulla condizione dei bambini e delle bambine che vivono nel nostro Paese, e cercare anche di considerare l’impatto che la pandemia sta producendo su di loro.

Il primo dato da considerare è che la povertà delle famiglie è enormemente cresciuta. Nel periodo maggio-settembre 2020, rispetto agli stessi mesi del 2019, l’incidenza dei “nuovi poveri” è passata dal 31% al 45%. E’ verosimile pensare che questo significativo scostamento sia in gran parte effetto dell’emergenza Covid.

“Quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta”. Lo afferma la stessa Caritas nel Rapporto Povertà. In particolare, è aumentato il numero delle famiglie con bambini, delle donne, dei giovani, dei nuclei familiari composti da cittadini italiani (che sono diventati la maggioranza degli utenti: 52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa.

Il secondo dato da considerare è la chiusura delle scuole, che da febbraio a settembre ha scavato un profondo fossato tra le classi sociali, che il passaggio dalla scarna didattica a distanza emergenziale alla didattica digitale integrata certamente non ha colmato. Come avverte l’Istat, nel periodo 2018-2019, poco più di una famiglia con almeno un bambino aveva un pc o un tablet disponibile in casa; nel Mezzogiorno, poi, il 41,6% delle famiglie è senza computer in casa.

In questo contesto, la situazione di bambine e ragazze è ancor peggiore e fa presagire un futuro a tinte ancor più fosche nel mondo “che verrà” dopo la pandemia.

LXI Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children esplora la condizione dell’infanzia nel nostro Paese, in un drammatico dipinto di povertà minorile e disuguaglianze educative.

I dati sono allarmanti: 1 milione e 140 mila ragazze tra i 15 e i 29 anni rischiano di allargare le file dei NEET entro fine anno, e di ritrovarsi cioè  nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione. Come spesso accade, è una Italia a più velocità: la condizione riguarda già il 40% delle ragazze in Sicilia e in Calabria. Ma anche all’interno delle cosiddette “isole felici”, la situazione delle ragazze è sempre assai più grave di quella maschile: in Trentino Alto Adige, a fronte del 7,7% dei ragazzi, le ragazze Neet sono quasi il doppio (14,6%).

Solo l’istruzione può e riesce a fare la differenza, nonostante le lacune che le bambine e ragazze accumulano durante il loro percorso scolastico nelle materie scientifiche che, come noto ormai da tempo, sono i settori di migliore occupazione (per tassi e stipendi): alla fine della primaria ottengono un punteggio medio ai test Invalsi di matematica di 4,5 punti inferiore rispetto ai coetanei, uno svantaggio che sale a -6 punti al 2° anno delle superiori, fino a -10 punti all’ultimo anno delle scuole superiori, come ben si evince nel recente Rapporto Invalsi 2019 sulle competenze.

Ma perchè? Secondo uno studio pubblicato open access sulla rivista Science of Learning e ripreso sul portale europeo di diffusione della ricerca scientifica Cordis, maschi e femmine hanno cervelli simili e un’uguale attitudine per la matematica. Non che ci fosse da dubitarne, ma per chi ne avesse ancora bisogno, segnaliamo questa evidenza scientifica.

Il gruppo di ricerca ha utilizzato la risonanza magnetica per immagini per misurare l’attività cerebrale in 104 bambini di età compresa tra i 3 e i 10 anni, 55 dei quali di sesso femminile. I bambini hanno assistito a un video didattico che includeva concetti matematici quali contare e sommare, poi il team ha confrontato tutti i risultati delle risonanze.

Per confrontare l’attività cerebrale dei bambini con quella degli adulti, i neuroscienziati hanno invitato 38 uomini e 25 donne a guardare lo stesso video. I risultati non hanno mostrato differenze nelle funzioni cerebrali o nello sviluppo dei bambini. Il cervello di maschi e femmine è risultato ugualmente coinvolto, ha elaborato le informazioni nello stesso modo e non sono emerse differenze di rilievo.

Il team ha anche analizzato i risultati di un test di abilità in matematica sottoposto a 97 bambini di età compresa tra i 3 e gli 8 anni, 50 dei quali di sesso femminile e il test è stato svolto altrettanto bene da entrambi i sessi, a prescindere dall’età.

Come affermato dal’autrice Jessica Cantlon, professoressa di neuroscienze dello sviluppo presso l’Università Carnegie Mellon di Pittsburg, «Vediamo che il cervello dei bambini si comporta in modo simile a prescindere dal sesso, quindi è auspicabile che si possano ricalibrare le aspettative su ciò che i bambini possono ottenere in matematica. La normale vita sociale può aggravare piccole differenze tra maschi e femmine che possono ripercuotersi nel modo in cui ci approcciamo a loro nel campo della scienza e della matematica».

 «Dobbiamo essere coscienti di queste origini per assicurarci di non essere coloro che causano le disparità di genere», spiega la Prof. Cantlon.

«Non si tratta solo del fatto che maschi e femmine utilizzano la rete di elaborazione matematica con le stesse modalità, ma che sono state evidenziate analogie in tutto il cervello», ha dichiarato a The Newsweek  l’autrice principale Alyssa Kersey, borsista post-dottorato presso il dipartimento di psicologia dell’Università di Chicago. <<Non sono state rilevate differenze nella loro abilità precoce quantitativa o matematica e questo ha suggerito che maschi e femmine sono altrettanto preparati al ragionamento matematico nella prima infanzia>>.

I lavori del futuro richiedono competenze matematiche e relazionali: tutto alla portata delle donne di domani e cioè delle bambine e ragazze di oggi. Con benefici evidenti per la collettività intera.

La rimozione delle disuguaglianze educative e degli stereotipi educativi riguarda chiunque, in tutti i contesti.

Iniziamo allora a guardare la realtà Con gli occhi delle bambine: così si intitola la pubblicazione open access di Save the Children curata da Vichi De Marchi, con la collaborazione di Diletta Pistono e Elena Scanu Ballona. Il volume raccoglie anche gli scritti di Viola Ardone, Ritanna Armeni, Susanna Mattiangeli, Rosella Postorino, Carola Susani, Igiaba Scego, Nadia Terranova, Bruno Tognolini e un inserto sull’editoria per ragazz* di Andersen.

 

 

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