Regno Unito: il “veganesimo etico” è come una religione
Il 3 febbraio scorso, all’esito dell’udienza preliminare, è stata pubblicata la decisione del Norwich Employment Tribunal (Casamitjana Costa v. The League Against Cruel Sports, case n. 3331129/2018) secondo la quale il “veganesimo etico” è in tutto e per tutto paragonabile a una convinzione religioso-filosofica e pertanto i suoi seguaci non possono essere discriminati, in base all’Equality Act del 2010.
Il caso è stato sollevato su ricorso di Jordi Casamitjana, impiegato in una organizzazione benefica a difesa degli animali e contro sport come la caccia alla volpe, alla lepre e al cervo, che lo ha licenziato per aver denunciato di investire i fondi pensionistici dei dipendenti in società coinvolte nella sperimentazione animale.
Ad avviso del ricorrente, il licenziamento è dettato dal suo credo nel “veganesimo etico”, i cui seguaci – oltre a rispettare una dieta a base di vegetali – provano anche a escludere ogni forma di sfruttamento degli animali, compreso l’utilizzo di lana o pelle e di qualsiasi prodotto testato sugli animali.
Gli avvocati di Casamitjana erano convinti che il “veganesimo etico” avesse tutti i requisiti – stabiliti nel precedente Grainger v Nicholson (2010) – per essere ritenuto una credenza filosofico-religiosa e quindi venire protetto ai sensi dell’Equality Act del 2010.
Il Giudice Robin Postle – con una sentenza storica che è destinata ad avere echi anche nell’Europa continentale e creare accesi dibattiti – ha accolto la tesi del lavoratore, stabilendo che il “veganesimo etico” ha diritto di avere una protezione legale simile a quella di “un credo filosofico o una religione”, rientrando dunque nell’ambito dell’Equality Act del 2010, così come l’età, il sesso, l’orientamento sessuale, la razza, la religione, la maternità, la disabilità e il matrimonio.
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