Proposta di Direttiva sulla due diligence: tutela dei diritti umani e dell’ambiente
Il 23 febbraio 2022 la Commissione Europea ha adottato una proposta di direttiva relativa alla due diligence ai fini della sostenibilità (Com. Comm. COM(2022) 77 final del 23.02.2022, Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on Corporate Sustainability Due Diligence and amending Directive (EU) 2019/1937).
La proposta arriva a un anno dalla Risoluzione del Parlamento Europeo del 10 marzo 2021, con le raccomandazioni rivolte alla Commissione sulla due diligence delle imprese e la responsabilità d’impresa.
La due diligence può definirsi come un processo costante, proattivo e reattivo, parte integrante dei sistemi decisionali e di gestione del rischio, attraverso cui le imprese garantiscono il rispetto dei diritti e/o delle norme, identificando, prevenendo e mitigando il proprio impatto negativo, effettivo e potenziale. Il dovere di diligenza integra tutte le politiche aziendali, anche a lungo termine. L’impresa è tenuta ad adottare un codice di condotta per dipendenti e filiazioni nonché a predisporre procedure per l’esercizio del dovere di diligenza, comprese le verifiche del rispetto del codice di condotta adottato.
La proposta di direttiva tiene conto delle norme internazionali volontarie già vigenti in materia di condotta responsabile. Il riferimento, in particolare, è ai principi guida dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, Guiding Principles on Business and Human Rights: Implementing the United Nations ‘Protect, Respect and Remedy’ Framework (2011); alle Linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali (aggiornamento del 2011), nonché alle linee guida specifiche dell’OCSE sul dovere di diligenza per la condotta d’impresa responsabile (2018) e alle linee guida settoriali dell’OCSE; alle raccomandazioni dell’OIL contenute nella Dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (quinta edizione, 2017).
Per promuovere le linee Guida OCSE, con legge 273/2002 (art. 39), è stato istituito un organismo all’interno del Ministero dello sviluppo economico (DGPIIPMI, Div. IV), denominato Punto di contatto nazionale (PCN), regolato con decreto ministeriale del 30.07.2004 e successive modifiche.
Alcuni Stati membri hanno introdotto una specifica normativa in materia di due diligence: la Francia (Loi relative au devoir de vigilance, 2017) e la Germania (Sorgfaltspflichtengesetz, 2021) hanno introdotto una legge orizzontale in materia di diligenza, altri Stati membri (Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Svezia) prevedono di farlo nel prossimo futuro, e i Paesi Bassi hanno introdotto una legge più mirata sul lavoro minorile (Wet zorgplicht kinderarbeidm 2019). A febbraio 2022, il Ministero spagnolo dei diritti sociali e dell’Agenda 2030 ha avviato la consultazione pubblica preventiva (aperta fino al 3 marzo) sul Disegno di legge per la tutela dei diritti umani, la sostenibilità e la due diligence nelle attività imprenditoriali transnazionali.
La proposta di direttiva mira a garantire che in tutti gli Stati membri le società destinatarie degli obblighi contribuiscano allo sviluppo sostenibile e alla transizione economica e sociale verso la sostenibilità attraverso l’individuazione (art. 6), la prevenzione (art. 7), l’attenuazione, l’arresto e la minimizzazione degli impatti negativi (art. 8),, siano essi potenziali o effettivi, sui diritti umani e sull’ambiente connessi alle attività delle società stesse, alle loro filiazioni e alle catene di valore cui partecipano (considerando 14).
L’art. 3 definisce impatto ambientale negativo l’impatto sull’ambiente causato dalla violazione di uno dei divieti o obblighi derivanti dalle Convenzioni internazionali in materia ambientale elencate nell’allegato, parte II della direttiva; come impatto negativo sui diritti umani l’impatto negativo su persone protette causato dalla violazione di uno dei diritti o divieti elencati nell’allegato, parte I, sez. 1, sanciti dalle convenzioni internazionali elencate nell’allegato, parte I, sez. 2.
L’ambito di applicazione soggettiva delle nuove norme sul dovere di diligenza è definito all’art. 2 della proposta di direttiva: essa si applicherà alle società costituite in conformità alla normativa di uno Stato membro che abbiano oltre 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale che supera i 150 milioni di euro oppure alle società che abbiano più di 250 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 40 milioni di euro purché almeno il 50% di tale fatturato sia stato generato in uno più dei settori individuati, in coerenza con le linee guida OCSE (fabbricazione di tessuti, pellami e relativi prodotti e commercio all’ingrosso di tessuti, abbigliamento e calzature; agricoltura, silvicoltura, pesca, fabbricazione di prodotti alimentari e commercio all’ingrosso di materie prime agricole, bestiame, legname, alimenti e bevande; estrazione di risorse minerarie indipendentemente dal luogo in cui sono estratte, fabbricazione di prodotti in metallo di base, altri prodotti minerali non metallici e prodotti in metallo e commercio all’ingrosso di risorse minerali, prodotti minerali di base e intermedi). Sono, inoltre, soggetti agli obblighi fissati dalla nuova direttiva le imprese di paesi terzi attive nell’UE in possesso dei requisiti sopra indicati.
Nella relazione alla proposta di direttiva è precisato che sono escluse dal rispetto degli obblighi di diligenza le piccole e medie imprese (PMI) e le microimprese ossia circa il 99 % di tutte le imprese dell’Unione.
Per quanto riguarda l’importanza e urgenza, la Commissione ha preso atto che l’iniziativa è stata inclusa dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione nelle priorità politiche comuni per il 2022.
La proposta di direttiva prevede espressamente la possibilità per singoli cittadini e o organizzazioni di presentare direttamente un reclamo alle società, qualora nutrano un legittimo timore circa gli impatti negativi sui diritti umani e sugli impatti ambientali negativi, effettivi o potenziali (art. 19). Si applica, espressamente, la disciplina per la protezione delle persone segnalanti di cui alla direttiva UE 2019/1937 (art. 23).
Le società hanno anche obblighi di monitoraggio periodico sull’attuazione e efficacia delle misure di diligenza predisposte (art. 10) nonché di comunicazione all’esterno delle informazioni di interesse sulle stesse (art. 11).
Gli Stati membri devono allestire e gestire siti web, piattaforme o portali dedicati per informare le società e i loro partner ed assistere entrambi nelle iniziative dirette ad adempiere gli obblighi di due diligence (art. 14). Gli Stati, inoltre, designano una o più autorità di controllo indipendenti (art. 17) e prevedere sanzioni dissuasive, proporzionate ed effettive in caso di violazione delle misure nazionali di attuazione della direttiva (art. 20). Gli Stati dovrebbero, inoltre, prevedere norme che disciplinino la responsabilità civile delle società per i danni derivanti dal mancato rispetto della procedura di diligenza (art. 22). È rimessa ai singoli Stati la disciplina dell’onere della prova.
L’approccio non può definirsi autenticamente intersezionale: gli obblighi in materia di diritti umani e tutela dell’ambiente sono sì considerati in maniera congiunta – perché entrambi gravanti sulle imprese destinatarie della direttiva – ma mai disciplinati come interagenti. Altrettanto deve dirsi rispetto agli obblighi di mitigazione del cambiamento climatico, cui è dedicato un articolo separato e non coordinato (art. 15). Si segnala, comunque, positivamente il passaggio della relazione alla proposta di direttiva (contenuto nella “valutazione di impatto”) che precisa come, per quanto riguarda l’ambito d’applicazione materiale, sia stato mantenuto uno strumento trasversale che comprende gli impatti sui diritti umani e sull’ambiente, così da dare risconto al forte consenso emerso tra i gruppi di portatori di interessi sulla necessità di un quadro trasversale per affrontare i problemi individuati