Postare su Facebook “forza vesuvio, forza Etna“ non è reato
L’esponente provinciale di un partito politico italiano aveva condiviso su Facebook una foto della Penisola monca delle regioni meridionali, dal Lazio in giù. La didascalia recitava “il satellite vede bene, difendiamo i confini”. L’imputata commentava inoltre l’immagine con la frase “forza Etna, forza Vesuvio, forza Marsili”.
Il Tribunale di Monza aveva condannato l’autrice del post a 20 giorni di reclusione, ex art. 1 D.L. n. 122/1993 e al pagamento alla parte civile costituitasi in giudizio dell’importo simbolico di Euro 1,00.- a titolo di risarcimento danni. La Corte d’Appello di Milano, riformando la sentenza appellata, aveva invece assolto l’imputata perché il fatto non sussiste. La Corte aveva ritenuto la condotta sprovvista delle connotazioni propagandistiche e discriminatorie necessarie per il perfezionarsi del reato.
La parte civile si è rivolta alla Cassazione, che con sentenza, 21 febbraio 2020, n. 6933 ha ritenuto pacifico che il commento dell’imputata “costitui[sse] una manifestazione del pensiero che, sotto il profilo ideologico, rimanda a disvalori di discriminazione razziale e di intolleranza”, ma “il tono evidentemente paradossale” ha fatto sì che “le connotazioni discriminatorie e propagandistiche del post, non consen[tano] di configurare l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 1 decreto-legge n. 122 del 1993.”
La Suprema Corte ha pertanto rigettato il ricorso vista l’“inoffensività del comportamento comunicativo dell’imputata”.
I Giudici, pur non ravvisando una responsabilità penale per l’autrice del post, hanno comunque ritenuto il suo comportamento lesivo delle “più elementari regole del buon senso, ancorché spregevol[e] moralmente”.
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