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Italiani in fuga: numeri (più) veri e implicazioni giuridiche

Attualità - Redazione - 23 Maggio 2025

 

 

La “fuga dei cervelli” non è più solo una narrazione mediatica: è un fenomeno strutturale, misurabile – e sottostimato.

Secondo l’ultima analisi dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, tra il 2013 e il 2023 l’Italia ha perso in media 80.000 cittadini italiani all’anno, al netto dei rientri. Un dato ben superiore ai 56.000 riportati dalle statistiche ufficiali Istat, che si basano sulle iscrizioni (spesso incomplete) all’AIRE.

Il 70% degli espatriati ha meno di 40 anni e il 26% è laureato, con una crescita preoccupante della quota di giovani altamente formati in uscita. Nel solo 2024, complice anche l’inasprimento delle sanzioni per la mancata iscrizione all’AIRE (fino a 1.000 euro annui), gli espatri netti hanno superato le 100.000 unità: un record che riflette anche una parziale “emersione” di flussi già in atto ma non ufficializzati.

Dal diritto tributario a quello sanitario, la questione solleva molteplici interrogativi normativi: l’obbligo di iscrizione all’AIRE, i diritti connessi alla residenza, l’accesso alla sanità e al voto estero, ma anche l’efficacia delle agevolazioni fiscali per il rientro, spesso più teoriche che reali.

Serve una lettura sistemica: da un lato, maggiore accuratezza statistica (anche tramite confronto con i dati Eurostat); dall’altro, una strategia giuridica coerente per affrontare il fenomeno non solo come emergenza, ma come diaspora strutturale che interroga alla radice le politiche pubbliche, in primis quelle sul lavoro e sulla fiscalità.

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