I “soggetti svantaggiati” prima e dopo la pandemia Covid-19
Una delle direttrici su cui si fonda «Europa 2020», la strategia economica adottata dal Consiglio il 17 giugno 2010, per superare le carenze strutturali dell’economia europea, migliorarne la competitività e la produttività e favorire l’affermarsi di un’economia di mercato sociale sostenibile è la «crescita inclusiva» e cioè la promozione di un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale dei cittadini.
Per raggiungere questa aspirazione, l’UE si è posta come obiettivo quello di portare al 75% il tasso di occupazione delle donne e degli uomini di età compresa tra 20 e 64 anni, anche mediante una maggiore partecipazione dei giovani, dei lavoratori più anziani e di quelli poco qualificati e una migliore integrazione degli immigrati legali.
Sono proprio queste citate le categorie di soggetti che l’ordinamento europeo considera «lavoratori svantaggiati», in quanto mediamente incontrano ancora notevoli difficoltà sia nell’accesso al mercato del lavoro sia nel mantenimento di una occupazione. Per tale motivo le istituzioni comunitarie, prima, e dell’Unione europea, poi, autorizzano gli Stati membri a prevedere, nelle rispettive normative nazionali, misure ed interventi finalizzati a sollecitare ed incentivare la domanda di lavoro rivolta a siffatte categorie di lavoratori, al fine di incrementare il loro livello occupazionale, in deroga ai vincoli posti a tutela della libera concorrenza (in particolare al divieto di Aiuti di Stato sancito dall’art. 107 TFUE).
Nel tempo il legislatore europeo è, pertanto, intervenuto a definire e circoscrivere la categoria dei «soggetti svantaggiati» nel mercato del lavoro, nei cui confronti gli Stati membri possono erogare Aiuti di Stato compatibili con il funzionamento del mercato interno, esentandoli dall’obbligo di notifica di cui all’art. 108.3 TFUE; viceversa, il mancato rispetto della normativa europea in tema di Aiuti di Stato comporta per lo Stato membro inadempiente, la sottoposizione alla procedura di infrazione con l’obbligo di effettuare il recupero delle agevolazioni in contrasto con i vincoli europei.
Al fine di rispondere alle richieste che provengono dalle istituzioni europee il nostro legislatore affida la promozione dell’occupazione dei “soggetti svantaggiati” alle misure di politica per l’occupazione, e cioè a interventi idonei a sollecitare la domanda di lavoro latente (c.d. incentivi all’occupazione) a condizione che si creino nuovi posti di lavoro (c.d. effetto incrementale), onde evitare un mero effetto sostitutivo della forza lavoro più costosa.
Vediamo ora chi sono questi “soggetti svantaggiati”.
In base al Reg. (UE) n. 651/2014 [originariamente in scadenza il 31/12/2020, ma di recente prorogato sino al 31/12/2023 dal Reg. (UE) n. 972/2020] rientrano nella categoria dei lavoratori svantaggiati i soggetti che soddisfano, alternativamente, una delle seguenti condizioni (specificate, a livello nazionale, dal d.m. del 17 ottobre 2017):
- soggetti privi di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi (ovvero coloro che negli ultimi sei mesi non abbiano prestato attività riconducibile a un rapporto di lavoro subordinato della durata di almeno sei mesi, nonché coloro che negli ultimi sei mesi hanno svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito che corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ex art. 13 TUIR;
- giovani di età compresa tra 15 e 24 anni;
- soggetti non diplomati, vale a dire coloro che non hanno conseguito un diploma di istruzione secondaria superiore o un diploma di istruzione e formazione professionale rientranti nel terzo livello della classificazione internazionale sui livelli di istruzione (ISCED 3), nonché coloro che hanno conseguito una delle suddette qualificazioni da non più di 2 anni e non hanno avuto un primo impiego regolarmente retribuito;
- over 50;
- adulti (con più di 25 anni) che sostengono da soli una o più persone fiscalmente a carico;
- soggetti occupati in settori/professioni caratterizzati da tasso di disparità uomo/donna superiore almeno al 25% come annualmente definiti da apposito DM e che appartengono al genere sottorappresentato;
- soggetti riconducibili a minoranze etnico-linguistiche con necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile.
Appartengono, invece, alla categoria dei lavoratori “molto svantaggiati” i soggetti che sono privi da almeno 24 mesi di un impiego regolarmente retribuito, oppure i lavoratori appartenenti alle categorie “svantaggiate” che siano privi di un impiego retribuito da 12 mesi.
Infine, nel novero dei soggetti svantaggiati vengono ricompresi anche i disabili, ovvero chiunque sia riconosciuto come lavoratore con disabilità a norma dell’ordinamento nazionale oppure chiunque presenti durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che, in combinazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione all’ambiente di lavoro su base di uguaglianza con gli altri lavoratori.
Se questo è lo stato dell’arte, la crisi economica dovuta all’emergenza sanitaria da Covid-19, sta facendo emergere una nuova “questione sociale” fatta di nuove povertà e tensioni sociali e che si fa particolarmente pesante se riferita ai soggetti più “fragili” nella società e nel mercato del lavoro.
Da una prima analisi degli interventi di incentivazione messi in campo dalle istituzioni europee e nazionali durante l’emergenza epidemiologica, emerge una loro tendenza al recupero dei posti di lavoro persi o al mantenimento di quelli esistenti, a dispetto delle “classiche” misure di politica per l’occupazione che, invece, si prefiggono l’obiettivo di incrementare i livelli occupazionali dei soggetti “svantaggiati”, con un esponenziale allargamento, se non proprio una generalizzazione, dell’area dello svantaggio occupazionale.
Di fronte a un siffatto scenario si impone un ripensamento degli obiettivi e delle misure di politica per l’occupazione nonché delle stesse categorie di soggetti svantaggiati come sopra individuate al fine di individuare azioni concrete e mirate per fronteggiare l’attuale emergenza socio-economica ed evitare la creazione di un altro bacino di lavoratori in stato di povertà e di esclusione sociale.