BLOG

I risultati del policy brief dell’INAPP su incentivi e occupazione nel 2021

Attualità - Carmela Garofalo - 13 Luglio 2022

Nel periodo pandemico i provvedimenti (di matrice soprattutto governativa) di sostegno all’occupazione si sono indirizzati a limitare i danni causati dalle misure restrittive anticontagio che hanno avuto l’effetto di bloccare (parzialmente o totalmente) gran parte dei settori produttivi del nostro Paese, con gravi ripercussioni sul tessuto socio-economico e sui livelli occupazionali dei lavoratori più “fragili” nel mercato del lavoro.

Tra gli strumenti messi in capo dal Governo, un ruolo preminente hanno avuto le misure di incentivazione che, rispetto al passato, nella fase acuta dell’emergenza sanitaria, hanno avuto una marcata vocazione “protettiva” anziché “espansiva”, nel senso che sono state rivolte a mantenere inalterati i livelli occupazionali, piuttosto che a promuovere nuove assunzioni.

Questo inedito ruolo degli incentivi è durato ben poco, perché in una prospettiva di ripresa, sono state varate innumerevoli misure di incentivazione che hanno recuperato la loro ontologica finalità di incremento dei livelli occupazionali, in particolare dei lavoratori svantaggiati (in species giovani, donne e disoccupati) o in specifiche zone del Paese (in species Mezzogiorno).

Tra il 2020 e il 2021 sono partiti a regime diversi incentivi all’occupazione che in parte hanno ripreso strumenti già operativi nel nostro ordinamento, aumentandone la durata o gli importi, e in parte possono definirsi di nuovo conio.

Il Policy Brief INAPP sugli incentivi pubblicato nel giugno 2022 fotografa i risultati ottenuti nel 2021 attraverso le predette misure che hanno interessato circa il 24% delle nuove assunzioni (su un totale superiore a 7 milioni).

Nel dettaglio viene rilevato che gli incentivi maggiormente utilizzati dai datori di lavoro per le nuove assunzioni sono stati: l’incentivo Decontribuzione Sud, introdotto dall’art. 27 d.l. n. 104/2020 (c.d. “decreto Agosto”) e esteso sino al 2029 dalla l. n. 178/2020 (legge di bilancio 2021) con una modulazione percentuale in decremento seguito dalle assunzioni in apprendistato (supportate da ingenti incentivi normativi e contributivi) e, infine, quelli rivolti a due specifici target e cioè i giovani  (nelle due forme introdotte dalle l. n. 205/2017 e l. n. 178/2020) e le donne  “svantaggiate” (nelle due forme introdotte dalla l. n. 92/2012 e dalla l. n. 178/2020).

Il vero tasto dolente che emerge dal Documento INAPP riguarda però le tipologie contrattuali con le quali questi lavoratori sono stati assunti. Infatti emerge che, escludendo l’apprendistato, quando l’incentivo poteva essere goduto anche attraverso assunzioni a tempo determinato, questa forma contrattuale è stata quella maggiormente utilizzata dai datori di lavoro (è il caso per esempio dell’incentivo donne o della Decontribuzione Sud).

La maggiore attivazione di rapporti a termine, di fatto, non ha corretto, ma riprodotto, il quadro e le relative criticità presenti nelle assunzioni non agevolate.

Altro dato che emerge dal Documento INAPP e che corrobora quanto testé detto è quello delle assunzioni in regime di part time con un’incidenza del 37% sul totale delle nuove assunzioni agevolate e con una radicata differenza di genere (la quota di part time femminile è del 51% contro il 27% maschile).

Quindi anche sotto tale aspetto, la presenza di un’agevolazione non ha offerto un correttivo al diffuso utilizzo del part time femminile di ingresso nel mercato del lavoro (da ritenersi involontario e non come scelta unilaterale di modifica del proprio orario di lavoro per esigenze di conciliazione dei tempi vita-lavoro).

Unendo i due dati, contratti a termine e part time (con particolare riferimento all’assunzione di donne) viene evidenziato che gli incentivi hanno contribuito a creare un’occupazione caratterizzata da un duplice fattore di debolezza che colpisce i target più fragili nel mercato del lavoro, riproponendo le medesime criticità strutturali della partecipazione al mercato del lavoro che si sarebbero presentate in loro assenza.

Quello che appare paradossale è che proprio il ruolo degli incentivi rivolti a specifici soggetti svantaggiati, quali quelli destinati all’assunzione di donne, rappresentano il principale strumento di perpetuazione e rafforzamento delle criticità di partecipazione del target che dovrebbero sostenere.

Più ottimisti sono i dati rilevati sulle trasformazioni contrattuali agevolate. Trattasi di trasformazioni a tempo indeterminato di contratti a termine preesistenti attraverso la fruizione del beneficio (in questi casi l’incentivo ha contribuito per il 43% senza rilevanti differenze di genere, pur se una quota rilevante è in regime di part time). Da segnalare che l’incentivo ha avuto un ruolo importante per favorire il passaggio a tempo indeterminato del lavoro in somministrazione con un’incidenza del 44%.

L’INAPP conclude la sua analisi ponendosi l’interrogativo che ormai attanaglia chi si occupa quotidianamente del tema degli incentivi: tali misure di agevolazione sono funzionali a raggiungere l’obiettivo di incrementare i livelli occupazionali dei soggetti più “fragili” nel mercato del lavoro o sono solo strumenti di riduzione del costo del lavoro che restituiscono un’occupazione non di qualità (principalmente a termine e a tempo ridotto)? E soprattutto, sono davvero in grado di alterare il calcolo delle convenienze (assunzionali) del datore di lavoro orientandole verso l’assunzione di soggetti che altrimenti non verrebbero selezionati oppure l’occupazione creata con queste misure si sarebbe comunque realizzata anche in loro assenza, trasformandosi unicamente in convenienze economiche e fiscali delle imprese in particolari periodi congiunturali (ad esempio durante l’emergenza sanitaria)?

Le risposte a questi due interrogativi sono ricavabili dai dati forniti dal Policy Brief INAPP il quale, in maniera propositiva promuove un disegno di policy making che riassegni agli incentivi il ruolo più adeguato nel complesso di una generale politica di sostegno all’occupazione. Solo “recuperando il suo intento originario di politica pubblica agevolativa, l’incentivo, quindi, dovrebbe avere la forza effettiva e simbolica di favorire un’inversione di tendenza, o per lo meno un fattore di mitigazione di una dinamica distorsiva ormai radicata nel mercato del lavoro. Perché se anche l’incentivo continua a intrappolare i target più fragili nel mercato del lavoro (come le donne) in impieghi a termine, ad orario ridotto e conseguentemente a minore redditività, appaiono esaurite tutte le possibilità di invertire questa tendenza per via di politica pubblica”.

 

 

Potrebbe interessarti anche