Gender Equality Index 2021: Italia migliore in UE nel settore della salute ma ancora ultima per partecipazione delle donne al lavoro
Come ogni anno a partire dal 2010, anche per il 2021 (in particolare il 28 ottobre), l’EIGE – Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere – ha pubblicato il rapporto sull’indice dell’uguaglianza di genere.
Come già sottolineato in un precedente contributo su questo sito, il rapporto esprime il c.d. Gender Equality Index, un indicatore composito che misura il complesso concetto dell’uguaglianza di genere e monitora i progressi compiuti in tale ambito nell’UE e nei singoli Stati membri. Grazie ai molteplici settori coperti dagli indicatori che compongono il Gender Equality Index (lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere, salute, violenza contro le donne, diseguaglianze intersezionali) e che sono strettamente connessi agli obiettivi e agli impegni internazionali dell’UE – come l’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile e i suoi obiettivi – il rapporto mira a “fotografare” periodicamente lo stato dell’uguaglianza di genere e, di conseguenza, ad indirizzare i decisori politici nella programmazione delle azioni di contrasto alle diseguaglianze e alle discriminazioni.
Va evidenziato che, sebbene i dati utilizzati nell’ultimo rapporto si riferiscano principalmente al 2019, e non siano perciò in grado di cogliere appieno l’impatto dell’emergenza sanitaria sull’uguaglianza di genere, essi dimostrano comunque come le donne abbiano subito notevoli ripercussioni negative nei settori del lavoro, del denaro, della conoscenza, del tempo, del potere e della salute e mostrano, inoltre come, nel corso della pandemia, vi sia stato un picco della violenza contro le donne.
Il quadro d’insieme rileva che nell’UE i progressi realizzati nell’uguaglianza di genere sono stati deboli, con un punteggio di 68 su 100 nel Gender Equality Index e un incremento di appena 0,6 punti rispetto all’anno precedente. Questo avanzamento minimo trova spiegazione nelle grandi ricadute che, sul piano economico e sanitario, sono derivate dall’emergenza da COVID-19 e hanno colpito in maniera differenziata uomini e donne (ad esempio, se per i primi, l’aspettativa di vita è diminuita, per le seconde, le conseguenze economiche avranno un impatto a più lungo termine).
L’Italia con 63,8 punti su 100, è al 14° posto in UE nell’indice di parità di genere, collocandosi al di sotto della media europea di 4,2 punti. Ciò che maggiormente stupisce è però la frenata subita dal punteggio del nostro Paese che, mentre dal 2010 ad oggi è aumentato di 10,5 punti, a partire dal 2018 è, invece, rimasto sostanzialmente invariato, con un aumento di soli 0,3 punti.
Concentrando l’attenzione sul focus tematico dell’ultima edizione (per gli altri aspetti si rinvia ai dati presenti sul sito EIGE), il rapporto evidenzia il legame tra salute e uguaglianza di genere, esaminando gli aspetti che, nel contesto sociale e più in generale nella vita dei cittadini europei, sono stati maggiormente influenzati dalla crisi pandemica da COVID-19. Il concetto di salute viene scomposto ed esplorato secondo tre dimensioni che rappresentano altrettante fonti di indagine: lo stato di salute, compresa anche quella mentale, i comportamenti sanitari e l’accesso ai servizi sanitari. Viene poi fornita un’analisi di genere e intersezionale della salute sessuale e riproduttiva nel corso della pandemia.
Dal rapporto emerge come le donne, in UE, sono sovrarappresentate nel settore sanitario, ove la maggioranza degli operatori è di sesso femminile. Ciò determina un maggiore rischio di contrarre il virus, ma anche una maggiore esposizione al pericolo di subire disagi psicologici. Ansia, depressione e disturbi mentali acuti possono derivare sia dal sovraccarico di lavoro che dallo stress determinato dall’attività di assistenza a pazienti gravemente sofferenti o deceduti a causa del coronavirus.
Il disagio psicologico diffuso, associato all’incertezza economica e all’aumento del lavoro di cura non retribuito per le donne hanno comportato una diminuzione dei tassi di natalità, soprattutto nei paesi più colpiti dalla pandemia. Le coppie hanno ritardato la nascita dei figli o non ne hanno avuti affatto e in ciò ha contribuito anche la maggiore difficoltà nell’accesso ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva.
In questo contesto, l’Italia registra la migliore prestazione nel settore della salute, ottenendo 88,4 punti, nonché i risultati più positivi nel sottodominio dell’accesso ai servizi sanitari, per cui si colloca all’8° posto. Di contro, però, il nostro Paese è ancora molto indietro nel campo del lavoro, ove si attesta costantemente all’ultimo posto tra gli Stati membri dell’UE e resta ancora la più lontana dal traguardo della parità di genere nel sottodominio della partecipazione al lavoro (i punteggi del 2021 sono rispettivamente di 63,7 e 69,1 punti).
Questa persistente disparità determina una minore presenza femminile nel mondo del lavoro e un ridotto accesso al reddito, finendo, di conseguenza per rendere più difficoltoso anche l’accesso ai servizi di cura e al raggiungimento del benessere complessivo.
Helena Dalli, Commissaria Europea per l’uguaglianza ha sottolineato in tal senso che la salute, intesa quale stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non può prescindere dalla parità di accesso a servizi sanitari di buona qualità, compresi la salute e i diritti sessuali e riproduttivi, solo così essendo possibile per le donne e gli uomini, in tutta la loro diversità, vivere una vita piena e attiva nella società. A tal fine la Commissione UE, attraverso il programma EU4Health, intende proprio sostenere le esigenze e le azioni degli Stati membri volte a riconoscere il diritto fondamentale di ogni persona all’accesso all’assistenza sanitaria sancito dalla Carta dei diritti fondamentali e dal Pilastro dei diritti sociali.
Concludendo, il rapporto evidenzia come la pandemia da COVID-19 rappresenta una sfida senza precedenti per il benessere mentale collettivo e la salute generale dei cittadini europei e sottolinea la fondamentale importanza dalle politiche per il miglioramento dell’uguaglianza di genere, anche nel campo della salute.