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Fate con comodo! Il cortocircuito “scuole chiuse – lavoro aperto” nella pandemia che continua

Attualità - Anna Zilli - 9 Marzo 2021

 

Archiviato l’8 marzo e le sue celebrazioni, irrompe, di nuovo, la realtà pandemica, caratterizzata dal lock down scolastico per 9 studenti su 10. Con la novità però del mancato allineamento tra la didattica a distanza (rectius, chiusura della scuole dalle prima media in poi, e in molte zone anche della istruzione primaria) e la ‘normale’ attività dei luoghi di lavoro.

Manca infatti una copertura generale per i genitori di infra-sedicenni (o almeno quattordicenni) che lavorano fuori casa.

Nell’autunno scorso , con la ripresa delle lezioni scolastiche, era stata introdotta l’alternativa tra lavoro in modalità agile e congedi indennizzati al 50%, per i genitori con figli under 16, per le ipotesi di  quarantena  Covid o per svolgimento delle lezioni a distanza.

Ma i congedi si sono esauriti nel 2020, salvo una proroga che riguarda solo le zone rosse il cui dettaglio è evidenziato nella Circolare n. 2 del 12 gennaio 2021 dell’INPS.

Con nota del 7 marzo il Ministero dell’Istruzione  ha chiarito il diritto del << personale sanitario o di altre categorie di lavoratori, le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione>> a richiedere che i figli possano andare a scuola ma solo sulla base di <<specifiche, espresse e motivate richieste e … anche in ragione dell’età anagrafica>> suscettibili di valutazione da parte delle istituzioni scolastiche.

La possibilità di accedere allo smart working emergenziale, invece, era stata ritenuta vigente, virtù di una nota ministeriale di gennaio. Ma, con il cambio di governo e di ministro,  tale nota è stata modificata,  e nulla  dice per il 2021.

Famiglie e imprese sono in attesa del decreto legge c.d. Sostegno, che dovrebbe prevedere, con portata retroattiva, anche da gennaio 2021 il diritto di un (solo) lavoratore dipendente, genitore di under 16 convivente, potrà svolgere l’attività in smart working se la scuola dovesse svolgersi nella modalità della didattica a distanza, oppure se il figlio è in quarantena per Covid.

Diversamente,  per i lavoratori pubblici ci si è mossi per tempo: il D.P.C.M. del 20 gennaio 2021, in gazzetta ufficiale il 29 gennaio, ha esteso sino al 30 aprile 2021 (attuale termine di cessazione dello stato di emergenza) le modalità organizzative, i criteri e principi in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile previsti nel  decreto ministeriale 19 ottobre 2020, ribadendo come lo smart working della p.a. sia ancora la modalità normale per il pubblico impiego per almeno il <<cinquanta per cento del personale preposto alle attività che possono essere svolte secondo tale modalità>>.

Nulla infine si prevede per le lavoratrici e i  lavoratori autonomi, certamente i più colpiti dalla pandemia, come le indagini dimostrano.

L’impressione è di un diritto del lavoro a più velocità, dove la p.a. mette in sicurezza se stessa e solo dopo si occupa chi sta ‘fuori’ dal contesto lavorativo pubblico. Le sanatorie a posteriori sono necessarie, ma non aggrediscono il problema di un sistema-famiglia fondato sulla presenza scolastica. Se prima della pandemia il problema erano i tre mesi estivi, ora la situazione è permanente, con gravissimo disagio per i più deboli.

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