Discriminazioni ambientali e (minore) età: on line il rapporto Unicef 2022
Nell’ottobre 2022 l’UNICEF ha pubblicato l’Indice di rischio climatico per i minori (CCRI) della regione del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA), con particolare attenzione all‘Egitto, paese ospitante la COP 27. L’Indice mette in luce la vulnerabilità dei minori d’età agli impatti dei cambiamenti climatici.
È opportuno precisare che traduciamo il termine “children” con minori d’età, sia perché termine in sé non connotato nel genere come “bambini” a cui andrebbe sostituito bambini/bambine, sia perché in linea con l’art. 1 della Convenzione per i diritti dell’infanzia del 1989, che recita for the purposes of the present Convention, a child means every human being below the age of eighteen years unless under the law applicable to the child, majority is attained earlier.
Il report del 2022, segue quello pubblicato nell’agosto 2021 e relativo a tutti i paesi e le regioni, elaborato sempre dall’UNICEF, in collaborazione con Friday for future e Greta Thunberg, significativamente intitolato The Climate Crisis Is a Child Rights Crisis: Introducing the Children’s Climate Risk Index. I paesi sono classificati in base all’esposizione e alla vulnerabilità dei minori rispetto agli shock climatici e ambientali (i cicloni, le ondate di caldo, la scarsità idrica, le inondazioni dei fiumi…).
Circa 1 miliardo di minori – quasi la metà dei 2,2 miliardi di minori del mondo – vive in uno dei 33 paesi classificati come “a rischio estremamente elevato”. Essi sono esposti a molteplici shock climatici e ambientali e dimostrano un’elevata vulnerabilità, a causa dell’inadeguatezza dei servizi essenziali, come acqua e servizi igienici, assistenza sanitaria e istruzione. I risultati mostrano il numero di minori colpiti oggi, ma i numeri sono destinati ad aumentare per l’accelerazione degli impatti del cambiamento climatico, ove non si adottino le necessarie e sempre più urgenti misure. Le aree che presentano un rischio maggiore sono la Repubblica Centrafricana, il Ciad, la Nigeria, la Guinea e la Guinea-Bissau.
La maggiore vulnerabilità dei minori rispetto agli adulti è legata a diversi fattori:
- i minori sono fisicamente più vulnerabili e meno capaci di resistere e sopravvivere ad eventi come inondazioni, siccità, condizioni meteorologiche avverse e ondate di caldo;
- i minori sono psicologicamente più vulnerabili. Le sostanze tossiche, come il piombo o altre forme di inquinamento, colpiscono maggiormente i minori, che ne sono incisi anche a livelli di esposizione più bassa rispetto agli adulti;
- la mortalità dei minori è più alta per patologie maggiormente diffuse a causa del cambiamento climatico, come la malaria e la dengue;
- i minori hanno l’intera vita davanti a sé e ogni privazione dovuta al degrado climatico e ambientale in giovane età può tradursi in una vita di opportunità perse.
Correttamente il rapporto afferma che il cambiamento climatico è forse una delle sfide più intersezionali della storia, poiché le sue cause e i suoi impatti sono profondamente radicati in sistemi più ampi che modellano anche la disuguaglianza economica e sociale. Ciò, impone, anche risposte che tengano conto della molteplicità delle tutele richieste.
Il rapporto considera, ad esempio, gli effetti del climate change su agricoltura e salute. In entrambi i casi l’incidenza è negativa e diffusa, ma i minori che appartengono a famiglie a basso reddito, le cui entrate sono destinate soprattutto a soddisfare i bisogni alimentari di base, subiscono un impatto maggiore in quanto, date le condizioni socio economiche della famiglia, già partono da un deficit nutrizionale a cui si somma quello generato dall’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità per effetto di catastrofi naturali o mutamenti del regime delle piogge o delle temperature che impattano negativamente sulla produzione agricola. Allo stesso modo bambine e bambini che hanno già un accesso limitato a presidi sanitari, non potranno che essere colpiti in maggior misura dalle patologie insorte per effetto del cambiamento climatico.
L’accesso all’acqua e ai servizi igienici, ad esempio, oggetto della Risoluzione della Assemblea delle Nazioni Unite 64/92 del 28 luglio 2010, rende i minori più resilienti. A chiarire la rilevanza del diritto umano all’accesso all’acqua è la risoluzione 15/9 del Consiglio dei diritti umani, laddove afferma che «il diritto umano all’acqua ed ai servizi igienico‐sanitari deriva dal diritto ad un livello di vita adeguato ed è indissolubilmente legato al diritto a migliorare lo stato di salute fisica e mentale così come al diritto alla vita ed alla dignità».
L’Unicef evidenzia come all’interno della categoria dei “minori” vi sia un’ulteriore discrimine: il genere (femminile), la disabilità, l’etnia sono fattori che esacerbano gli effetti del cambiamento climatico per i minori.
Una delle sfide è quella educativa: il rapporto sottolinea la necessità di formare tutti i minori sul cambiamento climatico, anche al fine di renderli attori del cambiamento. L’Unicef propone di destinare risorse mirate ad alcuni ambiti proponendo che le materie STEM (in cui, peraltro, si registra un significativo divario di genere) si occupino anche di equità climatica, intersezionalità e del ruolo della partecipazione nella risoluzione dei problemi.
Il rapporto dedica una sezione specifica al tema della partecipazione I minori più vulnerabili, infatti, hanno maggiori difficoltà ad avere accesso ai media, alle conferenze internazionali o comunque che si svolgono in paesi diversi da quelli di provenienza, oltre che ad ottenere incontri con i governi locali. Il diritto di difendere i propri diritti, lesi dall’inazione rispetto ai cambiamenti climatici incontra, pertanto, numerosi ostacoli pur essendo ormai oggetto di numerosi documenti internazionali.