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Parla bene, pensa bene: un libro di Beatrice Cristalli

Lingua Diritto Diritti - Elena Pepponi - 5 Dicembre 2022

 

«Grasso, puttana, nano, disadattato, frocio, criminale, negro, vecchia, terrone, raccomandato, pezzente, ritardato, troia, fallito, anoressica, cornuto, handicappato, frigida, inferiore, mongoloide».

Il 24 novembre 2019 il cantante Tiziano Ferro è stato ospite nella trasmissione televisiva Che tempo che fa di Fabio Fazio per presentare quello che in quel momento era il suo nuovo album, Accetto Miracoli. Prima di cantare le sue canzoni, l’artista di Latina ha pronunciato un monologo intitolato Le parole hanno un peso, nel quale ha enumerato tutti i termini citati poche righe sopra. «Le parole hanno un peso, ma non lo ricordiamo. Ne ribadisco la pericolosità. Ed è necessario essere consapevoli quando le si scaglia contro l’animo di un adolescente troppo fragile per poter decidere, o scegliere. Le parole hanno un peso», dice Tiziano Ferro, da sempre in prima linea contro il bullismo e le offese, che egli stesso ha subito quando era molto giovane.

Le parole hanno un peso, è vero, ma normalmente l’essere umano riesce a dare un peso, un valore, solo a ciò che conosce, relegando tutto il resto a un lontano rumore di fondo. Ecco perché il libro Parla bene, pensa bene. Piccolo dizionario delle identità di Beatrice Cristalli, uscito per Bompiani nel 2022 con una prefazione di Francesco Cicconetti e con le illustrazioni di Elena Xausa, ha come obiettivo quello di rendere noto al grande pubblico proprio ciò che forse così noto non è, e che quindi può suscitare sospetto o, appunto, essere giudicato non meritevole di acquisire peso, senso, spessore.

Il volume si pone come una sorta di “breviario laico”, o di glossario, se si preferisce la metafora lessicografica, di tutta quella terminologia che riguarda le identità della persona: identità di genere, identità sessuali, orientamenti sessuali e romantici, espressioni di genere, stereotipi sociali e aspettative culturali che ogni individuo, per il solo fatto di essere parte di una società organizzata, possiede o talvolta si vede attribuire in modo forzato contro la propria volontà e il proprio sentire.

Il volume di Beatrice Cristalli si apre con la prefazione di Francesco Cicconetti, un ragazzo trans che racconta la sua esperienza di vita e il suo incontro con la potenza del linguaggio. Il prefatore racconta infatti che «non ho sempre pensato a quanto sia importante il linguaggio. […] Quando alle elementari dicevo “Ciao, mi chiamo Francesca”, non sapevo di pronunciare molto più di qualche semplice parola: mi stavo identificando» (p. 7).

L’essere umano è l’unico essere vivente sulla faccia della Terra ad avere il potere di dire ma soprattutto di dirsi, cioè di usare il proprio codice comunicativo, la lingua, non solo per scopi contingenti – anche gli animali hanno codici fatti di versi, rumori e comportamenti stereotipati per comunicare informazioni utili alla propria vita o sopravvivenza – ma anche e soprattutto per costruire, plasmare ed eventualmente (ri)negoziare la realtà sociale nella quale è immerso.

Dunque, la lingua serve a descrivere una realtà, ma anche la realtà stessa, o meglio la percezione di essa, può essere influenzata dalla lingua che parliamo. Spiega ancora Cicconetti: «prima della transizione non parlavo come parlo ora e il cambiamento è stato innanzitutto la risposta naturale a un bisogno, Per prima cosa ho scoperto quanto sono importanti i nomi e i pronomi, che per quasi vent’anni avevo dato per scontati. Non avevo mai ragionato su quando questi mi identificassero; anzi, mi dessero un’ identità. Senza il nostro nome e pronome non saremmo nessuno, saremmo cioè una figura astratta indefinita e indefinibile. Le parole ci fanno esistere. Per questo, a un certo punto, ho dovuto metterle in discussione; ho dovuto cambiarle, ma le uso io come le usano tutte e tutti, e in questo siamo davvero uguali» (p.8).         

Questo passaggio della prefazione è un punto cardine, da leggere, rileggere e interiorizzare prima di, e se vogliamo anche a prescindere da, un approccio al testo del volume vero e proprio. Molto spesso, infatti, quando si affrontano dibattiti sul genere e su tutte le sfaccettature che questo concetto porta con sé, il discorso tende a polarizzarsi in due schieramenti più o meno netti: chi è “pro” – qualsiasi cosa voglia dire essere “pro” – e chi ritiene di dover guardare l’argomento con una percentuale variabile, ma di norma piuttosto consistente, di scetticismo. Il problema è che chi appartiene a uno dei due schieramenti si ritiene collocato in esso per una sorta di “diritto divino”: «sono “pro” perché…», «sono “contro” perché…».

Talvolta, soprattutto tra chi si dichiara “pro” o anche tra chi fa attivismo in tal senso, è difficile trovare chi ammette di aver avuto un passato in cui non si rifletteva su questi argomenti, banalmente perché non se ne sentiva il tocco in prima persona. Ecco perché l’onesta prefazione di Cicconetti ci mette davanti a un mondo molto più poliedrico e variegato di quanto crediamo. Le stesse persone che si trovano a sperimentare in profondità il concetto di genere e a metterlo in discussione sulla propria stessa pelle – come Cicconetti, che ha affrontato o sta affrontando una transizione – non sono state concepite con un default di conoscenza più vasto rispetto alle altre: sono persone esattamente come tutte, che a un certo punto della vita si sono trovate a dover per forza questionare quanto credevano acquisito e immutabile.

Pare, questo, un modo per aprire il dibattito e provare a raggiungere tutta quella quota di popolazione, a onor del vero piuttosto ampia, che ritiene di non doversi informare perché “a me non capiterà mai”. Soprattutto, è un modo per dimostrare come non sia mai troppo tardi per conoscere un argomento che si reputava lontano e non interessante, e per imparare a utilizzare le parole più corrette per riferirsi a esso, dando peso e valore a tutto ciò che si pronuncia solo per il fatto che dall’altro lato c’è un essere umano come noi.

Proprio a chi non è consapevole di non sapere, ma anche a chiunque mostri desiderio di sapere di più, è destinato questo volume: la stessa autrice ne enuclea le linee portanti nella sintetica ma densa introduzione. Cristalli spiega infatti che il suo dizionario non è pensato come prodotto statico e immutabile, ma più come quella che in semiotica viene definita “opera aperta”, cioè «un testo la cui identità non è definita una volta per tutte, ma è sottoposta a fattori di variabilità che la rendono […] sempre e continuamente diversa. Le voci selezionate, dunque, non pretendono di essere definitorie o statiche, ma, al contrario, entrano in gioco nel processo di ricezione e riformulazione da parte di chi legge, diventando il luogo di possibili risemantizzazioni» (p. 15).

L’essere umano è infatti poliedrico, plurale, si trova al crocevia di tante sfaccettature che lo definiscono come individuo diverso da tutti gli altri individui, come ben esemplifica lo schema di p. 17. Ogni persona è pertanto descritta da un fascio di caratteristiche: oltre alla propria identità di genere (cioè, il genere al quale sentiamo di appartenere), al proprio orientamento sessuale – che indica la direzione della nostra attrazione sessuale – e al proprio sesso biologico, ovvero quello definito dai genitali, dai cromosomi e dagli ormoni, abbiamo anche una più o meno definita espressione di genere (cioè un modo di essere tramite il quale presentiamo alle altre persone il genere nel quale riteniamo di collocarci) e un orientamento romantico, quindi una direzione verso la quale tendono i nostri sentimenti.

A prescindere da – o forse sarebbe meglio dire insieme a – tutte queste caratteristiche, il nostro essere animali sociali ci sottopone in maniera più o meno drastica a dei ruoli di genere, ovvero a delle aspettative che la società attribuisce ai diversi generi e ai quali le persone spesso sono chiamate anche contro la propria volontà a rispondere, pena il non uniformarsi e il “tradire” in un certo senso quello che il tessuto sociale in cui viviamo si aspetta da noi.

Da questo punto in avanti il volume si traduce in un vero e proprio dizionario, con le voci ordinate in progressione alfabetica: per ogni voce viene data una definizione, riconoscibile dal colore rosa acceso del testo, e viene poi raccontata una breve storia del termine in questione, che viene così contestualizzato nella sua nascita, nel suo sviluppo e nell’utilizzo che di esso si fa nella lingua italiana. I termini analizzati sono poco meno di sessanta e spaziano da asessuale a queer, da transizione a misgendering, da disforia di genere a intersezionalità, da bigender a orientamento romantico, e molti altri ancora. Non ci sono limiti di lunghezza nelle definizioni, né nella vastità di trattazione: ogni singola voce ha diritto allo spazio che occorre, da una manciata di righe fino a diverse pagine, a seconda della sua importanza e della sua diffusione, ma anche della storia che essa esprime o delle controversie che a essa si sono legate nel corso del tempo.

La lingua con cui il volume è scritto è piana, semplice e accessibile, non indulge a formalismi o a inutili complicazioni, per renderlo il più possibile fruibile e chiaro.

Ciò che a un primo sguardo potrebbe rappresentare un limite alla fruizione del libro, ovvero l’organizzazione in voci che rende la lettura più simile a una consultazione, a un continuo ritorno a un punto di partenza per apprendere un nuovo elemento, in realtà è uno dei principali punti di forza di Parla bene, pensa bene.

Poter contare su un volumetto di agile consultazione sulla terminologia di genere abbatte gli alibi che possiamo darci per, come si diceva all’inizio, relegare le questioni di genere, oggi così presenti e urgenti, a mero rumore di fondo nel flusso della vita, e ci permette di farlo entrando dalla porta che preferiamo.

Leggerlo tutto dalla A alla Z? Leggerlo al contrario? Leggere solo alcune voci? Ogni approccio è possibile e nessuno è più valido degli altri. L’opera rimane aperta e disponibile a farsi e disfarsi al solo cambiare della persona che legge, e ci consente di uscire dall’ambiente a gravità zero del dibattito sul genere svolto tra persone esperte o attiviste del settore, divulgando e dando a ogni parola quello che merita: il suo giusto peso.

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