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Il foro inderogabile delle vittime di atti e comportamenti discriminatori

Giurisprudenza - Ida Carla Maggio - 8 Marzo 2021

Con ordinanza n. 296 del 12 gennaio scorso, la Sezione Sesta della Suprema Corte di Cassazione ha statuito che, per le cause di risarcimento del danno subito da persone con disabilità vittime di discriminazione, la competenza per territorio del giudice del luogo in cui il ricorrente ha il proprio domicilio è funzionale, esclusiva ed inderogabile e prevale anche sugli altri fori inderogabili previsti dalla legge.

La vicenda nell’ambito della quale la Suprema Corte ha avuto occasione di pronunciarsi ha ad oggetto l’accertamento del diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale causati da allegate condotte discriminatorie poste in essere da un’Amministrazione scolastica nei confronti di un alunno, minore, gravemente disabile.

La causa veniva incardinata innanzi il giudice del luogo ove il ricorrente ha il proprio domicilio, ai sensi dell’art. 28, comma secondo, del d.lgs. 150/2011 (cd. Decreto semplificazione dei riti), norma che disciplina il procedimento delle controversie in materia di discriminazione e che si applica, per espressa previsione normativa, anche alla tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni, di cui alla l. n. 67 del 1° marzo 2006.

Il Tribunale adìto, peraltro, rilevato che nella fattispecie erano stati convenuti in giudizio enti pubblici rappresentati e difesi dall’Avvocatura di Stato, ha ritenuto applicabile la disciplina di cui all’art. 25 cod. proc. civ. (e all’art. 6 del r.d. n. 1611/1933) e ha dichiarato così la propria incompetenza per territorio a favore del foro erariale.

L’ordinanza veniva impugnata dai ricorrenti (i genitori investiti della responsabilità genitoriale del minore) con regolamento di competenza innanzi la Corte di Cassazione che, con il provvedimento qui in evidenza, ha concluso invece per la prevalenza del foro del ricorrente (asserito) discriminato di cui al richiamato art. 28 d.lgs. 150/2011.

A fondamento della propria decisione la Suprema Corte ha evidenziato, dando continuità a precedenti arresti giurisprudenziali che hanno sottolineato l’importanza precipua della disciplina antidiscriminatoria nel nostro sistema di valori, come il procedimento per la repressione dei comportamenti discriminatori sia una disciplina speciale tesa ad assicurare “una piena realizzazione del fondamentale principio di uguaglianza”, con la conseguenza che essa, proprio per la sua peculiare connotazione, prevale sulle norme inderogabili che “concentrano la competenza in un determinato foro individuato secondo criteri di prossimità con l’oggetto della controversia” (a tal fine, la corte di legittimità richiama un suo precedente Cass., sez. sesta, del 14 febbraio 2017, n. 3936).

Del resto, hanno precisato gli Eremellini, il favor per il foro di cui all’art. 28 del d.lgs. 150/2011 è determinato “per l’attinenza della controversia al contrasto di atti o comportamenti che impediscono il pieno dispiegamento della personalità umana, e quindi la natura personale degl’interessi coinvolti” a fronte invece di esigenze di mero carattere organizzativo “che giustificano l’accentramento della competenza presso l’ufficio giudiziario individuato ai sensi del R.D. n. 1611 del 1933, art. 6”, ossia dove ha sede l’Avvocatura di Stato. A ciò aggiungono il fatto che il foro del ricorrente che agisce per l’accertamento della discriminazione è norma sopravvenuta rispetto alla norma che disciplina il foro erariale, trovando così conferma anche la regola per cui, qualora la stessa controversia ricada astrattamente nell’ambito di applicazione di più norme che contemplino fori diversi tutti inderogabili, il conflitto va risolto affermando la prevalenza di quello previsto dalla norma più recente.

L’ordinanza dalla Suprema Corte n. 296/2021 merita dunque particolate attenzione in quanto fornisce una chiara indicazione della portata precettiva dell’art. 28 del d.lgs. 150/2011, e specialmente del suo secondo comma, ponendosi nel solco di quella giurisprudenza che, nel riconosce alla richiamata disposizione carattere funzionale, esclusivo, inderogabile e prevalente anche sugli altri fori inderogabili previsti dal codice di rito e dalle norme speciali, vi ravvisa il fondamento nelle “preminenti esigenze di tutela delle vittime di atti e comportamenti discriminatori”, le quali trovano così piena tutela anche sul terreno processuale.

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