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Diritto UE: piena tutela al figlio di una coppia omogenitoriale

Giurisprudenza - Loretta Moramarco - 29 Dicembre 2021

bambino con genitore

 

Nel caso VMA c. Stolichna obshtina, rayon “Pancharevo” (Comune di Sofia), C-490/20, la Grande Sezione della Corte di Giustizia si è pronunciata su una domanda di pronuncia pregiudiziale relativa all’interpretazione dell’art. 4, §2, TUE, degli artt. 20 e 21 TFUE nonché degli artt. 7, 9. 24 e 25 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

La Corte afferma la sussistenza di una violazione dei diritti riconosciuti dal combinato disposto degli articoli sopra citati a fronte del diniego, da parte delle autorità bulgare, di rilasciare un atto di nascita necessario per il documento di identità bulgaro, in quanto S.D.K.A. è figlia di due donne, come da certificato rilasciato dalle autorità della Spagna, paese in cui la minore è nata, nel 2019, e in cui vivono le sue madri. V.M.A. è cittadina bulgara e K.D.K. è cittadina del Regno Unito. Quest’ultima è nata a Gibilterra, dove le due donne si sono sposate nel 2018. Dal 2015 risiedono in Spagna.

Il focus – a differenza di altre pronunce – è tutto sui diritti del minore quale cittadino europeo più che sulla rilevanza giuridica del matrimonio tra due persone dello stesso sesso, tema che la Corte lambisce per lasciare, tuttavia, ancora una volta immutata la giurisprudenza precedente che consente allo Stato membro di non riconoscere il legame tra due persone dello stesso sesso.

Uno dei punti interessanti della sentenza è che la filiazione “biologica” resta ai margini: S.V. non comunica, infatti, il dato alle autorità bulgare, invocando l’assenza di un obbligo in tal senso. L’atto di nascita della minore, rilasciato dalle autorità spagnole, menziona V.M.A. come «madre A» e K.D.K. come «madre».

La dedotta contrarietà all’ordine pubblico da parte dello Stato Bulgaro, quindi, non riguarda – come in altri casi – la genesi del rapporto di filiazione (es. gestazione per altri, su cui da ultimo Corte cost., 9 marzo 2021 n. 32 e Corte cost. n. 33 del 2021) bensì, più limitatamente, “la menzione in un atto di nascita di due genitori di sesso femminile”.

Ciò consente di riflettere sul rapporto di filiazione all’interno del diritto europeo. Avendo il diritto lasciato agli Stati membri la “materia” della famiglia e della filiazione, residuano i diritti discendenti dallo status di cittadino europeo proprio del minore (quale figlio di un/a cittadina europea secondo la legislazione dello stato membro di quest’ultimo). La Corte ribadisce che lo status di cittadino dell’Unione è destinato a essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri. Ebbene, i diritti corrispondenti a tale status sono eccessivamente incisi dal mancato riconoscimento dell’atto di filiazione emesso dallo Stato spagnolo da parte della Repubblica di Bulgaria.

La Corte conclude interpretando l’articolo 4, §2 TUE, gli artt. 20 e 21 TFUE e gli artt. 7, 24 e 45 della Carta  nel senso che, nel caso di un minore, cittadino dell’Unione, il cui atto di nascita rilasciato dalle autorità competenti dello Stato membro ospitante designi come suoi genitori due persone dello stesso sesso, lo Stato membro di cui tale minore è cittadino è tenuto

  1. a rilasciargli una carta d’identità o un passaporto, senza esigere la previa emissione di un atto di nascita da parte delle sue autorità nazionali
  2.  a riconoscere, come ogni altro Stato membro, il documento promanante dallo Stato membro ospitante che consente a detto minore di esercitare, con ciascun genitore, il proprio diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

In definitiva, lo status di figlio, che si è formato in uno degli Stati membri, deve essere riconosciuto anche dagli altri Stati membri, senza che questi possano sic et simpliciter opporre ragioni di ordine pubblico, invocando le proprie tradizioni (rectius il mancato riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali). Come osserva correttamente la Corte, poi, non si comprende come l’obbligo di uno Stato membro di rilasciare una carta di identità o un passaporto a un minore, cittadino di quello Stato (perché figlio di un cittadino) ma nato in altro Stato possa violare l’identità nazionale o minacciare l’ordine pubblico per la circostanza che il rapporto di filiazione promani da una coppia di donne.

La triade uomo-donna-bambino è, invero, molto meno “naturale” e indispensabile di quanto si pensi, perché si possa avere un rapporto di filiazione. Negare i diritti derivanti dallo status di cittadino europeo allo scopo di limitare l’omogenitorialità (rectius gli effetti giuridici di essa) sarebbe contrario ai valori fondamentali dell’Unione europea e ai diritti fondamentali riconosciuti ai popoli che la compongono.

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