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Computabilità gratuita ai fini pensionistici degli anni di studi universitari per i dipendenti della Polizia di Stato: la Consulta dice no

Giornate Internazionali - Carmela Garofalo - 23 Gennaio 2023

 

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 270 del 30 dicembre 2022, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla Corte dei Conti per la Regione Puglia con ordinanza del 14 dicembre 2021, sugli artt. 13 e 32 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in riferimento gli artt. 3, 36, 38 e 97 Cost., nella parte in cui non prevedono il computo gratuito anche per i Funzionari della Polizia di Stato degli anni di durata legale del corso di laurea magistrale o specialistica richiesto ai fini dell’accesso alle rispettive carriere, previsto per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri e gli ufficiali degli altri corpi militari.

Il pronunciamento dei giudici costituzionali si inserisce nella complessa vicenda, oramai ultraquarantennale, originata dalla “smilitarizzazione” del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza ad opera della l. n. 121/1981 e dalla conseguente estromissione dall’ambito applicativo delle peculiari e più favorevoli disposizioni dettate per i militari, in particolare dal d.P.R. n. 1092/1973, recante la disciplina del trattamento di quiescenza dei dipendenti dello Stato.

Per i militari, il predetto d.P.R. detta una disciplina che diverge in modo significativo da quella parallela per gli impiegati civili, contemplando regole più favorevoli in considerazione della peculiarità dello status militare, del rispettivo ordinamento, delle caratteristiche del rapporto di servizio e delle funzioni espletate.

In particolare, l’art. 32 riconosce agli ufficiali, e dunque al personale militare, la computabilità gratuita ai fini pensionistici degli anni corrispondenti alla durata legale del corso di laurea  laddove al personale della Polizia di Stato trova applicazione la disposizione di cui all’art. 13 d.P.R. n. 1092/1973 per i dipendenti civili che prevede il riscatto a domanda e previo contributo.

L’assetto normativo così delineato, a dire del giudice a quo, lede innanzitutto l’art. 3 Cost., determinando una disparità di trattamento fondata sul mero status civile/militare, con riferimento al personale appartenente al medesimo comparto “Difesa, sicurezza e soccorso pubblico”, svolgente le medesime funzioni e disciplinato da ordinamenti ormai sostanzialmente omogenei. Infatti, nonostante l’analogia delle attività, l’Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza possono godere di una maggiore base di anzianità contributiva, che viene garantita gratuitamente agli ufficiali, per i quali è richiesto il titolo di studio della laurea magistrale o specialistica, rispetto ai funzionari della Polizia di Stato.

Ma lede anche gli artt. 36 e 38 Cost. «nella misura in cui, essendo previsto un contributo per il riscatto degli anni di studi, i funzionari della Polizia di Stato, che non possono affrontare tale onere economico, subirebbero il sacrificio dell’interesse al perseguimento di un trattamento pensionistico proporzionato al servizio prestato ed adeguato a mantenere lo stesso tenore di vita».

Infine, in riferimento alla lesione dell’art. 97, secondo comma, Cost., il giudice a quo ribadisce che il contestato assetto normativo della materia comporterebbe il rischio di creare un vulnus al principio di buon andamento della Pubblica amministrazione, nella misura in cui costituisce un disincentivo all’ingresso nei ruoli della Polizia di personale idoneo per preparazione e cultura.

A sostegno della non manifesta infondatezza della questione, la Sezione giurisdizionale pugliese ha precisato che la riproposizione della questione di legittimità non può essere preclusa dall’esito delle ordinanze della Corte Costituzionale nn. 847/1988 e 168/1995, che ne hanno già dichiarato la manifesta infondatezza a motivo della discrezionalità del legislatore nel disciplinare le modalità di riscatto a fini pensionistici del periodo di studi universitari, giacché tali motivazioni non sarebbero più attuali: da un lato, per effetto della intervenuta equiparazione, ad opera del d.lgs. n. 66/2010, dei limiti di età per la cessazione dal servizio dei militari (all’epoca delle ordinanze, inferiori a quelli previsti per la Polizia di Stato), rispetto a quelli stabiliti dal d.lgs. n. 334/2000 per le corrispondenti qualifiche del personale della Polizia di Stato; dall’altro, a motivo del processo di sostanziale omogeneizzazione del regime ordinamentale del personale del comparto di sicurezza a prescindere dallo status militare (in particolare l’Arma dei carabinieri) o civile quale la Polizia di Stato intrapreso dal legislatore, stante le forti analogie tra le funzioni svolte, ai fini della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

La Corte Costituzionale, pur riconoscendo il progressivo avvicinamento delle normative pensionistiche dei dipendenti delle Forze di polizia e dei dipendenti militari, così come argomentato dal Giudice rimettente e ancor prima dal ricorso patrocinato dall’ANFP ha, tuttavia, ritenuto non sufficiente l’attuale assetto normativo per dichiarare fondata la questione di legittimità sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., stante la persistente diversità strutturale dei rispettivi ordinamenti che richiede differenti soluzioni sul piano normativo e, quindi, giustifica la dicotomia nelle discipline previdenziali fra impiego civile e impiego militare presente nelle norme censurate del d.P.R. n. 1092/1973.

L’impiego militare è caratterizzato da una forte compenetrazione fra i profili ordinamentali e la disciplina del rapporto di servizio, come attesta lo stesso codice dell’ordinamento militare di cui al d.lgs. n. 66/2010, che, non a caso, ha normato contestualmente i diversi profili. Nella fattispecie è, difatti, l’art. 1860 del codice dell’ordinamento militare a richiamare l’art. 32 d.P.R. n. 1092/1973 in tema di valutazione a fini pensionistici del periodo di studi universitari per gli ufficiali.

Ben diversa è la disciplina del personale della Polizia di Stato, riconducibile, pur nelle sue accentuate specificità, a quella degli impiegati civili dello Stato.

Analogamente sono state ritenute infondate le questioni di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 36 e 38 Cost. sulla scorta che il corso di studi di laurea è estraneo all’attività lavorativa espletata, cui si riferisce la prestazione previdenziale e, pertanto, la disposizione censurata esula dal perimetro presidiato dai parametri costituzionali ritenuti violati.

Infine, è stato escluso anche il contrasto con l’art. 97 Cost. in quanto l’assunto secondo cui la non applicazione del beneficio in questione ai funzionari della Polizia di Stato costituirebbe un disincentivo a una maggiore formazione professionale, varrebbe anche per tutti i dipendenti pubblici che rivestono una qualifica e svolgono funzioni per le quali è richiesto il possesso della laurea. Ne consegue che sotto tale profilo non sarebbe censurabile l’art. 32 d.P.R. n. 1092/1973 per la mancata applicazione ai funzionari della Polizia dello Stato, bensì il precedente art. 13 laddove, per tutti i dipendenti civili, stabilisce non la gratuità del computo degli anni di laurea, ma la mera facoltà di riscatto a titolo oneroso.

Nessuna decisiva considerazione è, invece, rinvenibile nella pronuncia della Corte Costituzionale circa le perequazioni attuate per via legislativa, a favore dei Funzionari, di tutti i restanti istituti pensionistici del personale militare: omogeneizzazione della disciplina della causa di servizio, della pensione privilegiata, del diritto e della misura della pensione normale. Una finalità perequativa attestata, da ultimo, con la legge di bilancio per il 2022 (art. 1, co. 101, l. n. 234/2021) che, ha esteso l’art. 54 d.P.R. n. 1092/1973 al personale di Polizia dello Stato e della Polizia Penitenziaria (ad ordinamento civile) proprio al fine di allineare il trattamento pensionistico a tutti il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, assicurando omogenee modalità di calcolo ai fini della determinazione dell’assegno di pensione, soprattutto al personale a cui si applica il sistema misto o solo contributivo.

È evidente, dunque, che il riconoscimento del computo gratuito degli anni di studi universitari per i dipendenti della Polizia di Stato non può che essere ottenuto per via legislativa, non avendo ricevuto l’avallo della Consulta nell’attuale contesto normativo.

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