Al dipendente a termine eletto sindaco va concessa l’aspettativa
Un lavoratore assunto a tempo determinato in un comune vinceva le elezioni a sindaco, ma non poteva espletare il mandato ricevuto in quanto il Tribunale di Locri, in accoglimento del ricorso degli altri candidati, lo aveva dichiarato decaduto dalla predetta carica. Secondo il Tribunale, l’ineleggibilità discendeva dalla natura temporanea del contratto di lavoro intercorrente tra il vincitore delle elezioni e l’amministrazione comunale. Rilevava il giudice di prime cure che, ai sensi dell’art. 60 d.lgs. 267/2000 (TUEL), sono ineleggibili a sindaco i dipendenti del comune per il rispettivo consiglio, salvo il caso in cui il dipendente venga collocato in aspettativa non retribuita. Nel caso di specie, il vincitore delle elezioni era stato effettivamente collocato in aspettativa, ma ciò era avvenuto in violazione dell’art. 60, comma 8 TUEL che non consente la concessione di tale aspettativa ai dipendenti a tempo determinato.
La pronuncia di primo grado veniva confermata in appello.
La Cassazione, con la sentenza 20 dicembre 2021, n. 40876, ha sovvertito radicalmente le conclusioni a cui erano pervenuti i giudici di merito.
Rileva la Suprema Corte che il principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato, contenuto nel considerando 4.1 dell’Accordo quadro CES UNICE CEEP sul lavoro a termine, può venire meno solo se sussistono “ragioni oggettive”.
Secondo la Cassazione, il mero riferimento alla natura temporanea del rapporto di lavoro non può configurare una valida “ragione oggettiva” ai sensi del predetto considerando 4.1 dell’Accordo Quadro, come già evidenziato dalla stessa Corte di Giustizia UE nella pronuncia del 20 dicembre 2017, C-158/16, Vega Gonzales.
La Corte, pur essendo consapevole che il riconoscimento dell’aspettativa, nell’ambito un rapporto a tempo determinato, genera il rischio di una sfasatura temporale tra la scadenza dell’aspettativa stessa e la durata del contratto di lavoro, ritiene che ciò non sia una ragione sufficiente a far ritenere legittima la disposizione di cui all’articolo 60, comma 8 TUIR. Infatti, secondo la Cassazione, la sfasatura tra scadenza del mandato elettorale e scadenza del rapporto di lavoro é connaturata alla stessa durata limitata di quest’ultimo e, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia UE, la temporaneità del rapporto di lavoro non configura una “ragione oggettiva” di per sé sufficiente a giustificare una disparità di trattamento tra rapporti a termine e rapporti a tempo indeterminato.
Secondo la Suprema Corte, per valutare la legittimità o meno di un trattamento diversificato, è necessario verificare se i lavoratori a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato esercitano un lavoro identico o simile e cioè, se tenuto conto di un insieme di fattori, quali la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, sia possibile ritenere che tali soggetti si trovino in situazioni comparabili. Se le funzioni esercitate dai lavoratori a tempo determinato corrispondono a quelle svolte dai dipendenti a tempo indeterminato, la differenza di trattamento può giustificarsi solo in presenza di “ragioni oggettive”, cioé, di criteri obiettivi e trasparenti che consentono di verificare se la disparità risponde a reale necessità ed è idonea e indispensabile a tal fine (Corte giust. UE, Vega Gonzalez, cit., 45; Corte giust. UE 21 novembre 2018, C619/17, Diego Porras, 45).
La Suprema Corte, valutato che i giudici d’appello avevano sostenuto la legittimità della difformità di trattamento del lavoratore ricorrente, muovendo dalla sola considerazione che lo stesso risultava assunto con un contratto della durata di un anno e, quindi, l’aspettativa elettorale non era compatibile con la predetta durata limitata del rapporto, ha ritenuto che tale argomentazione non costituisse una valida ragione oggettiva sufficiente a legittimare un diverso trattamento tra i dipendenti comunali.
La Corte ha quindi disapplicato l’art. 60, comma 8 del TUEL, per contrasto con l’art. 4.1 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e, in accoglimento del secondo e terzo motivo di gravame, ha cassato la sentenza di seconde cure, rinviando alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, per nuova decisione.
La pronuncia della Cassazione lascia spazio ad una riflessione.
Si pensi al caso di un lavoratore assunto a termine per sostituire una collega assente per maternità (ex art. 19, comma 1, lett. a, d.lgs. 81/2015). Considerato che la data prevista per il rientro al lavoro dalla maternità, di regola, sarà antecedente la fine del mandato politico del lavoratore a tempo determinato, in tal caso, si potrebbe legittimamente negare a quest’ultimo l’aspettativa per cariche elettive? Si ritiene che la risposta possa essere affermativa. In quest’ipotesi, la mancata concessione dell’aspettativa appare giustificata non già, dalla mera durata temporanea del contratto, quanto dall’oggettiva ragione dell’amministrazione, consistente nel non poter mantenere in essere il rapporto a termine oltre la data di rientro in servizio del/della dipendente sostituito/a.